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Piante & fiori

Come coltivare alchechengi: il frutto arancione che ama il caldo

Curioso di sapere come coltivare l’alchechengi, quel frutto arancione avvolto in una specie di lanterna? Ama il sole, il caldo e sa farsi notare: perfetto se vuoi dare un tocco insolito al tuo angolo verde.

dove e quando piantare l'alchechengi
Scopri come coltivare l’alchechengi, il frutto arancione che ama il sole

Sembra una lanterna orientale, ma è un frutto che spiazza per gusto e bellezza. L’alchechengi è spesso usato come decorazione, ma in pochi sanno che è anche buono da mangiare, ricco di vitamina C e antiossidanti. E coltivarlo è più semplice di quanto si creda.

Se c’è già un angolo assolato a disposizione, si può iniziare anche oggi stesso. Bastano poche attenzioni iniziali per ottenere una pianta vigorosa, bella da vedere e sorprendente da raccogliere.


Dove e quando piantare l’alchechengi

L’alchechengi, chiamato anche Physalis alkekengi, è uno di quei frutti che si fanno amare a prima vista, ma anche a prima coltivazione. È una pianta che ama il caldo, quello vero, e non sopporta troppo bene i terreni fradici o le ombre perenni. Quindi sì, se c’è un posto ben esposto al sole, meglio ancora se un po’ riparato dal vento, l’ideale è trovato. Il terreno? Meglio se leggero, ben drenato e ricco, magari con una manciata di sabbia e un po’ di compost per dargli una marcia in più.


La semina può partire da aprile in poi, ma se il clima è mite si può anticipare anche a marzo, magari iniziando in semenzaio. L’importante è che le temperature minime siano sopra i 12°C: sotto questa soglia, l’alchechengi si blocca e fa fatica a decollare. Chi abita in zone con inverni rigidi può optare per la coltivazione in vaso, da tenere al riparo nei mesi più freddi e spostare all’aperto con l’arrivo del caldo.

Anche se resiste al gelo, nei primi anni meglio non rischiare: un po’ di pacciamatura alla base o un tessuto non tessuto nei periodi più freddi possono fare la differenza. Piccoli accorgimenti che aiutano la pianta a superare l’inverno senza traumi. E quando riparte in primavera… lo spettacolo è assicurato.

Come curare l’alchechengi: consigli pratici

Per far crescere bene l’alchechengi, non servono grandi magie, ma ci sono dei piccoli accorgimenti che fanno la differenza. Non è una pianta capricciosa, ma ama essere seguita con un minimo di regolarità. Nessuna missione impossibile, anzi: chi ci ha provato racconta che, una volta presa la mano, diventa quasi terapeutico.


Ecco qualche dritta utile da tenere a mente:

  • Innaffiare con regolarità, evitando gli eccessi. L’acqua deve penetrare bene nel terreno, ma senza ristagnare: il trucco sta nel toccare con mano, capire se la terra è ancora fresca o ha sete.
  • Esporla al sole pieno, meglio se per almeno 6 ore al giorno. Ama il caldo, ma se le giornate diventano torride, un po’ di ombra leggera nelle ore centrali può solo farle bene.
  • Potare senza troppa ansia, giusto per eliminare i rami secchi e stimolare nuove gemme. Il momento ideale? La primavera, quando la pianta comincia a risvegliarsi.
  • Concimare con compost maturo o un po’ di stallatico ben decomposto. Un gesto da ripetere ogni mese e mezzo circa, per mantenere il terreno ricco e vivo.
  • Controllare le radici, perché tende a espandersi in modo quasi invadente. Se coltivata in piena terra, conviene creare dei limiti sotterranei per tenerla a bada.

Un’ultima chicca? A fine stagione, tagliare i fusti secchi non solo rende tutto più ordinato, ma aiuta anche la pianta a concentrare le energie per l’anno successivo. Un piccolo gesto, grandi risultati.


Quando raccogliere i frutti (e come usarli)

Il momento giusto per la raccolta è tra agosto e ottobre, quando il calice assume un colore arancio intenso e inizia a seccarsi. Il frutto all’interno sarà maturo, dolce e leggermente acidulo, perfetto per essere consumato fresco o trasformato.

Molti li usano per:


  • Decorazioni di dolci, grazie alla loro forma unica
  • Confetture dal sapore aromatico
  • Essiccazione: mantengono sapore e bellezza
  • Cocktail o liquori artigianali, per un tocco esotico

Meglio non raccogliere i frutti troppo acerbi: oltre ad avere un sapore sgradevole, possono contenere sostanze non digeribili.

Chi ha provato a coltivarlo racconta che una volta che l’alchechengi prende il via, diventa una presenza fissa nell’orto. Un po’ invadente, forse, ma con quel tocco elegante che lo rende irresistibile.

come coltivare alchechengi

E chissà, magari dopo averli visti maturare una volta, viene voglia di sperimentare anche con le varietà meno comuni, come la Physalis peruviana, il cosiddetto “caped gooseberry”, ancora più dolce e tropicale. Non resta che provare: un vaso, un seme, un po’ di sole. E la sorpresa che sboccia, stagione dopo stagione.

foto © stock.adobe

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