Usare l’acqua di cottura della pasta per concimare le piante potrebbe sembrare un’idea bizzarra, eppure sta diventando un piccolo trucco da pollice verde. Questa pratica, semplice e naturale, nasconde un potenziale interessante, ma… c’è un grande “ma” da non ignorare.

Cosa succede quando si raffredda l’acqua scolata dalla pasta? Alcuni la versano nel lavandino, ma sempre più persone iniziano a conservarla per usarla nel giardino o nei vasi. Un gesto quotidiano, a costo zero, che potrebbe aiutare le piante a crescere più forti. Ma attenzione: non sempre fa bene. E allora, come si può capire quando usarla davvero?
È interessante iniziare da una prova concreta: la prossima volta che si scola la pasta, si può mettere da parte l’acqua (senza sale!) e aspettare che si raffreddi completamente. Basta versarla su una pianta per notare, in pochi giorni, una leggera spinta nella crescita. Un esperimento innocuo e facile da provare.
Quando l’acqua della pasta fa bene alle piante
L’acqua di cottura della pasta è ricca di amido, e contiene anche piccole tracce di potassio e fosforo. Tutti nutrienti che, in piccole dosi, possono stimolare la crescita delle piante. Non è un concime completo, certo, ma è un aiuto utile, soprattutto per le piante verdi da interno.
I benefici si vedono meglio se si usano piante da appartamento, come:
- pothos, monstera, sansevieria
- basilico e altre aromatiche coltivate in vaso
- felci e piante tropicali che gradiscono ambienti umidi
Però, è fondamentale che l’acqua non sia salata. Il sale da cucina, infatti, rovina il terreno e danneggia le radici. Se si ha l’abitudine di salare l’acqua appena va a bollore, allora meglio evitarne il riutilizzo. Un’altra accortezza? Mai usarla troppo calda: si rischia di “cuocere” le radici!
Inoltre, non serve usarla ogni giorno. Una volta a settimana è più che sufficiente. Usarla con moderazione aiuta a non sovraccaricare il terreno di sostanze inutili.
Quando è meglio evitarla del tutto
Non tutte le piante reagiscono allo stesso modo. Alcune, come le succulente o le piante grasse in generale, non tollerano bene i terreni ricchi o troppo umidi: per loro, l’acqua della pasta è un vero e proprio eccesso. Lo stesso vale per piante alpine o quelle che crescono spontaneamente in suoli aridi.
E poi ci sono quei momenti in cui anche le piante più robuste preferiscono starsene tranquille. Durante il periodo invernale, ad esempio, molte entrano in riposo vegetativo e non gradiscono concimazioni, nemmeno le più leggere. E se il terriccio è stato concimato di recente? Meglio non aggiungere nulla: si rischia di “soffocare” le radici con troppi nutrienti.
Altra accortezza da non sottovalutare: attenzione ai ristagni. Se il vaso non drena bene o se il terreno trattiene troppa umidità, l’acqua amidacea potrebbe peggiorare la situazione. Un terreno sempre bagnato non fa bene a nessuna pianta.
Infine, anche l’entusiasmo va calibrato. Usare l’acqua della pasta ogni volta che si cucina non è una buona idea. Meglio alternarla ad altri metodi più equilibrati: il compost maturo, un infuso di ortica o persino qualche fondo di caffè ben asciutto possono offrire varietà e benefici diversi.
Un trucco sostenibile, ma con criterio
Riutilizzare l’acqua di cottura della pasta ha un che di geniale nella sua semplicità. Non costa nulla, evita sprechi inutili e potrebbe persino dare una spinta alle piante più pigre. Ma va presa con le pinze, senza pensare che sia la formula magica per un balcone in fiore.
A volte basta provarci: si bagna una pianta, si aspetta qualche giorno e si osserva. Se le foglie diventano più turgide, è già qualcosa. Ma non bisogna sorprendersi se altre non mostrano alcun cambiamento, o peggio, iniziano a deperire. Le piante hanno carattere, più di quanto si creda, e non tutte reagiscono allo stesso modo.
Meglio quindi trattare questa pratica come un piccolo esperimento: senza troppe aspettative, ma con uno sguardo curioso. Chi ama il giardinaggio lo sa, ogni foglia racconta una storia diversa. A volte funziona, a volte no. Ma proprio in questo sta il bello: osservare, sbagliare, riprovare. Perché anche il gesto più semplice, come salvare l’acqua della pasta, può trasformarsi in un’occasione per imparare a conoscere meglio le proprie piante.
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